A cura di Carlo Montanaro e Giancarlo Pauletto 
Coordinamento Maria Francesca Vassallo 

SABATO 25 MAGGIO – 13 OTTOBRE 2019

inaugurazione 25 maggio 17.30 

456mostra d’arte 
Galleria Sagittaria, Pordenone, via Concordia 7 

Cosa doveva essere la Piazza San Marco del ’700 se diventava un premio ottenere un po’ di denaro per andarci a vedere il “Mondo Novo”! È Carlo Goldoni ne “I rusteghi” che ci introduce a questo intrattenimento gestibile all’aperto e in piena luce, non nell’oscurità magari maleodorante di un bacaro, indispensabile per l’altra meraviglia che stava diffondendosi in quel secolo, la “lanterna magica”. Accanto al “Mondo Novo”, saltimbanchi e attori della commedia dell’arte, perché tutto l’intrattenimento, in quel tempo, non aveva posti deputati al di fuori delle corti e dei luoghi di potere dove la gente comune non aveva accesso. Quella gente che solo nelle chiese poteva avvicinarsi ai manufatti artistici altrimenti riservati a nobili e benestanti. Quel “Mondo Novo”, in realtà, era la conseguenza più accessibile e popolare del vedutismo. Perché i grandi artisti (Canaletto…) dipingevano ma anche incidevano paesaggi e scorci urbani delle città allora conosciute, che artigiani meno illustri o capaci copiavano o reinventavano in alte tirature dal momento che, finalmente, da una matrice si cominciava a realizzare copie. Acqueforti che poi, nelle mani di fantasiosi e loquaci intrattenitori, dopo essere state colorate e traforate, e inserite in apparecchiature dotate di lenti d’ingrandimento, potevano essere illuminate dal davanti oppure per trasparenza, ottenendo l’effetto luministico del passaggio dal giorno alla notte. Con “il giorno e la notte”, possiamo allora identificare la prima forma di spettacolarizzazione delle immagini. Immagini piuttosto verosimili in quanto realizzate con l’ausilio della camera oscura (della anche camera ottica), uno strumento in uso da parecchio tempo che più che per rica lcare il reale serviva a prendere appunti da riportare poi, nel proprio atelier, in progetti complessi ma di sicura resa. E la prospettiva resa automatica dall’utilizzo delle lenti, riletta tramite un ulteriore sistema ottico – mentre l’imbonitore la esaltava – appariva quasi tridimensionale. Da quell’epoca, la filiera della meraviglia delle immagini riprodottenon può che proseguire, perfezionandosi. Le acqueforti, semplificando il procedimento di stampa, diventeranno le meno costose cromolito che potranno ottenere, sempre con un supporto semitrasparente, immagini da inserire in maneggevoli apparecchietti-giocattolo (Polyorami, Lorgette…) da gustare illuminate da davanti o per trasparenza, replicando l’idea de IL GIORNO E LA NOTTE. La camera oscura o camera ottica viene nel tempo predisposta per alloggiare, al posto della carta trasparente, supporti sensibili che porteranno alla riproduzione automatica delle immagini in copie positive tratte da negativo. E quelle fotografie in bianco&nero a loro volta potranno essere colorate posteriormente e inserite (è accaduto per la prima volta a Venezia nel 1862, con l’ottico Carlo Ponti) nel “Megaletoscopio”, sempre per simulare, con il cambio dell’illuminazione, il passaggio giorno/notte. Come presto accadrà nel visore per le immagini 3D, nel frattempo commercializzato, sempre a partire dagli anni ’60 dell’800. Mentre nel campo più strettamente fotografico, insieme alla dipintura diretta (tempera coprente per cieli e nuvole, china o aniline trasparenti per le zone dove andavano lasciati visibili i dettagli) subentra sia l’imbibizione (colorazione uniforme di un supporto cartaceo sempre di maggior dimensione) che il viraggio, con la trasformazione dei sali d’argento in composti variopinti. Il soggetto preferito? Il “chiaro di luna” che trasfigura (Carlo Naya, a Venezia) i paesaggi più diversi in rappresentazioni tra il romantico e il fiabesco. Anche le immagini della lanterna magica si adeguano, aiutate dalla tecnica della “dissolvenza incrociata” che arriva, nel buio della sala da proiezione, a far letteralmente sciogliere le varie componenti che mutano per far realmente vivere il passaggio tra IL GIORNO E LA NOTTE. E i colori uniformi saranno poi alla base dei racconti del cinema muto. 


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